Librazione
Il QSB nei QSO effettuati via riflessioni lunari, dipende dalla LIBRAZIONE. Se andate su Wikipedia trovate scritto: “In astronomia, il termine librazione (derivato dal latino libra, bilancia) descrive un movimento apparente della Luna relativo allaTerra” e trovate una perfetta immagine che descrive meglio delle parole questo movimento.
Cerchiamo di capire come questo movimento possa influenzare il segnale E.M.E. tra due stazioni. Mi riferisco ad entrambe le stazioni perché, essendo situate in posizioni diverse della Terra, vedono il movimento della Luna in modo diverso l’una dall’altra. Il segnale trasmesso colpisce la Luna e viene riflesso con due varianti: a – per effetto della velocità relativa terra-luna subisce uno spostamento della frequenza media (effettoDoppler). b – l’area riflettente ha un movimento di oscillazione che provoca un doppler diverso dalle varia zone illuminate dal segnale, quindi ciò che viene riflesso è la somma (algebrica, cioè somma o sottrazione a seconda della fase relativa) di queste riflessioni, ciascuna della quale ha una frequenza leggermente diversa. La stazione ricevente, anch’essa con un qualche movimento relativo, aggiunge i propri effetti, quindi il segnale ricevuto è stato modificato due volte. Questo allargamento, da una singola frequenza ad uno stretto spettro (Doppler Spread), varia nel tempo e varia a seconda della posizione delle stazioni interessate. L’allargamento può avere un minimo, ed anche essere in certi istanti nullo. Il suo massimo è funzione anche della banda usata ed aumenta linearmente con la frequenza; sui 144 MHz è di qualche hertz, per arrivare a quasi 300 Hz a 10 GHz. Esaminiamo gli effetti: 1 –Ricezione in CW E’ noto che la frequenza a cui si dovrà sintonizzare il ricevitore dovrà essere modificata del Doppler, inteso solo come spostamento, non come allargamento. E’ noto che il segnale ha una variazione periodica di intensità (QSB), rapida o lenta. Che QSB ci troveremo? Il suo periodo, in secondi, è l’inverso dell’allargamento in Hz. Se abbiamo un forte allargamento avremo un QSB rapido; se l’allargamento è piccolo, frazione di Hz, avremo un QSB con periodo di qualche secondo. Se rapido può alterare il segnale CW, che è un on/inforadio/off, inserendo degli “off” che possono far sparire un punto o spaccare in due punti una linea. Se lento può cancellare alcuni caratteri. La classica difesa è trasmettere lentamente e ripetere tante volte il messaggio. 2 –Ricezione in digitale La modulazione del WSJT è FSK, cioè trasmette tanti toni, con continuità. In ricezione i toni vanno individuati dall’algoritmo di decodifica. Se durante il minuto, per effetto dell’allargamento, un tono si sposta fino ad avere alla fine la frequenza iniziale di un altro tono, la decodifica fallisce. Ecco perché esistono i tre modi A, B, C di JT65, con spaziatura 2,7 Hz per HF e 50 MHz; 5,4 Hz per i 144 ed i 432; 10,8 Hz per i 1296; ed il modo JT4 ha 7 diverse spaziature, la più alta che arriva a 315 Hz, adatto per i 10 GHz. Vi sarà senz’altro capitato di notare il QSB lento osservando la variazione di luminosità della traccia sul waterfall di JT65; le numerose ripetizioni del messaggio hanno anche qui lo stesso scopo del CW. Al recente Meeting di Dallas, Joe K1JT ha tenuto un intervento proprio su questi temi, e lo ha messo anche sul suo sito:http:/inforadio//inforadio/www.physics.princeton.edu/inforadio/pulsar/inforadio/K1JT/inforadio/EME2010_K1JT.pdf Come al solito è un vero piacere leggerlo, per chi ama la tecnica. Anche su DUBUS 3/inforadio/2010 è comparso un articolo sulla librazione.
QUELLO CHE GLI ASTRONAUTI NON DICONO IN PUBBLICO
Chi ha visto il film “The Right Stuff”, che raccontava la formazione dei piloti per il programma spaziale Usa, ricorderà i test spesso umilianti a cui i futuri astronauti venivano sottoposti. Allora non si sapeva nulla di come il corpo avrebbe reagito in assenza di gravità: si temeva ad esempio che gli occhi potessero galleggiare in testa, o che gli astronauti non avrebbero avuto la forza di ingoiare il cibo, rischiando di morire di fame. Il tempo ha poi dimostrato che alcune di quelle paure non erano del tutto infondate: il volto effettivamente si gonfia perché il sangue affluisce alla testa, il vomito ti torna in faccia come uno schiaffo, la pipì può allagare la tuta spaziale, ruttare è impossibile senza buttare fuori anche tutto quello che si ha nello stomaco, la sinusite è frequente e ti tappa il naso mentre le papille gustative non assaporano più nulla. Sono noie a cui gli astronauti sono addestrati e a cui sono ora preparati. E tuttavia la Nasa evita di parlare di questi aspetti meno eleganti della vita nello spazio. I circa 550 astronauti oggi viventi sulla terra vengono visti come individui autorevoli, coraggiosi, espressione del dantesco istinto umano di “seguir virtute e canoscenza”. Solo in privato, gli uomini e le donne che hanno vissuto nello spazio sono disposti a raccontare gli incidenti, i momenti imbarazzanti, le piccole ignominie che bisogna subire quando si vive in assenza di gravità. Alcune di queste testimonianze sono state raccolte in “What’s it like in Space”, un agile libretto di Ariel Waldman, ex direttrice della Commissione sull’esplorazione spaziale presso la National Academy of Sciences.
Per l’appunto, l’interesse scientifico per queste “piccolezze” sta vivendo un nuovo slancio, visto che si parla con insistenza di un viaggio umano su Marte. In questi stessi giorni ad esempio, il Kings College di Londra ha appena finito uno studio sui rischi che un lungo viaggio spaziale avrebbe sulle mestruazioni delle astronaute: le donne che vanno sulla stazione spaziale o che hanno volato sullo shuttle, hanno finora in gran parte scelto di assumere la pillola. Ma le oltre 50 astronaute che hanno lasciato la terra finora, lo hanno fatto per periodi al massimo di qualche mese, mentre il viaggio su Marte richiederebbe tre anni, ed è stato calcolato che ogni astronauta si dovrebbe portare oltre 1100 pillole, abbastanza da diventare un elemento ingombrante nel carico già complesso per un viaggio così lungo. E a parte le mestruazioni, tutti dovrebbero tollerare per periodi ben più lunghi gli stessi fenomeni irritanti che già ora sono così noiosi. L’impossibilità di ruttare, ad esempio. Parrebbe una banalità, ma può causare disturbi, tanto che un astronauta ha scoperto che se si dà una forte spinta contro la paratia della stazione, crea una finta gravità, sufficiente per potergli permettere di spingere il gas intrappolato nello stomaco fino alla bocca e liberarsene senza rimettere anche tutto il cibo semidigerito. E che dire delle sinusiti, così frequenti nella stazione spaziale, curate soprattutto con grandi quantità di zenzero, che però sarebbe difficile portarsi fino a Marte. Alri piccoli incidenti sono oramai stati superati: la pipì che allagava le tute – si è scoperto fra la generale ilarità – era colpa degli astronauti stessi: ogni volta che dovevano scegliere il profilattico che avrebbe incanalato il liquido verso la borsa sigillata, chiedevano misura “large”, evidentemente non indicata per tutti… La faccia che si gonfia è anche un inconveniente che dura solo tre o quattro giorni, il tempo perché il corpo si abitui all’assenza di gravità e riesca a ridistribuire correttamente di nuovo il sangue in tutto il corpo. I mal di testa di cui sembravano soffrire tutti all’inizio erano dovuti all’improvvisa assenza di caffeina. E tutti hanno oramai imparato che quando sentono conati di vomito, e afferrano la busta apposita, devono anche acchiappare un asciugamano da mettersi davanti alla faccia, per evitare che il rigurgito, rimbalzando, non gli si spalmi su tutto il viso.
Com’è la vita nello spazio, dunque? Gli astronauti che hanno parlato alla signora Waldman sono d’accordo nel descrivere la profonda gioia davanti all’immensa bellezza della Terra, così come l’impressionante senso di gelo e solitudine nel guardare la vastità buia e sconfinata quando si guarda dall’altra parte, verso il resto dell’universo. Tutti riconoscono che la vita nella stazione spaziale è interessante, ma anche scomoda: la difficoltà di dormire in assenza di gravità è per alcuni l’ostacolo maggiore, ma ci sono stati astronauti che si lasciano galleggiare e vanno dolcemente rimbalzando di qua e di là, senza perdere un minuto di sonno. La stranezza di vedersi le braccia galleggiare davanti spinge tutti a tenersele ancorate sotto le ascelle, o a sedercisi sopra, o a chiuderle dentro il sacco a pelo durante il sonno.
E poi c’è la necessità di essere precisissimi: le tute hanno tasche con cerniera, in modo da non lasciare nulla che galleggi nel vuoto. E tuttavia succede spesso, tant’è che c’è un sistema di lieve risucchio, che sulla stazione viene soprannominato “Oggetti Smarriti”: tutto quel che viene dimenticato a galleggiare, non va a intasare tubi o condotte, ma viene risucchiato da una ventola e lì ci si ritrovano gli oggetti più disparati, il burro di cacao, gli auricolari dell’iPod, l’elastico della coda di cavallo.
Una volta la Nasa non era così tollerante: nel 1963 l’astronauta John Young si portò a bordo della Gemini 3 un panino al roast beef da dividere con il compagno Gus Grissom. Un gesto vietatissimo poiché gli astronauti dovevano mangiare solo piccoli cubi di proteine ricoperti di gelatina, per evitare briciole in caduta libera e il rischio di danni irreparabili. E difatti, non appena Young e Grissom si divisero il panino, l’abitacolo si riempì di briciole, e i due si presero una bella lavata di capo. Ma la loro missione era solo di 4 ore, e non successe nulla di terribile. Tuttavia, la Nasa non è ancora riuscita a rendere appetibili i pasti degli astronauti, tant’è che tutti ammettono di preferire i gamberi disidratati, l’unico piatto che conserva un certo sapore. Ricoperti di zenzero, possibilmente, in modo da dare una bella scossa alle papille gustative.
La corsa verso lo spazio A seguito del lancio del primo satellite artificiale da parte dell’Unione Sovietica (lo Sputnik 1) il 4 ottobre 1957 l’attenzione degli Stati Uniti d’America si è rivolta verso un proprio programma di esplorazione spaziale. Il congresso degli Stati Uniti, allarmato dal possibile pericolo per la sicurezza nazionale e per la possibile perdita della leadership tecnologica, chiesero al presidente Dwight D. Eisenhower un’azione immediata. Dopo alcuni mesi di dibattito, si decise per la creazione di una nuova agenzia federale civile per le attività spaziali che rilevasse le attività della vecchia agenzia aeronautica (NACA). Il 29 luglio 1958 il presidente Eisenhower firmò l’atto di costituzione della National Aeronautics and Space Administration (NASA), che iniziò le sue attività nell’ottobre dello stesso anno. I primi programmi della NASA erano incentrati sulla possibilità di missioni umane nello spazio, sotto la spinta della competizione tra USA e URSS dovuta allaguerra fredda (la corsa allo spazio). Il programma Mercury fu il primo programma della NASA volto a stabilire se l’uomo poteva viaggiare nello spazio. Il 5 maggio 1961 l’astronauta Alan Shepard fu il primo americano nello spazio, pilotando il Mercury 3 in un volo suborbitale di 15 minuti. John Glenn fu invece il primo americano a compiere un’orbita attorno alla Terra il 20 febbraio 1962, durante la missione Mercury 6. L’uomo sulla Luna Una volta dimostrata la possibilità di voli spaziali umani con il programma Mercury, fu lanciato il Programma Apollo allo scopo di arrivare in orbita lunare. Il 25 maggio 1961, il presidente John F. Kennedy cambiò il programma affermando che gli Stati Uniti avrebbero dovuto far “atterrare un uomo sulla luna e riportarlo sano e salvo sulla terra” entro il 1970. Il programma Gemini partì subito dopo per sperimentare le tecniche necessarie a quest’ambiziosa missione. Dopo otto anni di missioni preliminari e la perdita dell’equipaggio dell’Apollo 1, il programma Apollo raggiunse la sua meta il 20 luglio 1969, con l’atterraggio dell’Apollo 11 sulla Luna. Neil Armstrong, primo uomo a toccare il suolo lunare pronunciò la celebre frase “un piccolo passo per un uomo, un salto enorme per l’umanità”. Altri dieci astronauti misero piede sul suolo lunare nelle successive missioni Apollo che terminarono nel dicembre 1972.
LO SHUTTLE E LA STAZIONE SPAZIALE "ISS"
L’International Space Station è iniziata con il modulo Zarya (“Alba” in russo) lanciato per mezzo di un razzo Proton dalla base di Baikonur, in Kazakhstan, il 20 novembre 1998. Due settimane dopo, lo Space Shuttle durante la missione STS-88 portò in orbita il modulo Unity, il Nodo 1, e lo agganciò a Zarya. Buon compleanno, ISS! L’International Space Station, infatti, giovedi 20 novembre 2008 ha compiuto ben dieci anni ! Un risultato straordinario, specie se pensi che, sulla Terra, una casa dopo dieci anni inizia ad avere bisogno di un arredatore (del resto anche la stazione spaziale ha avuto un bel po’ di problemi con toilette e mobilio). Scherzi a parte, era il 20 Novembre del 1998 quando, dal cosmodromo di Baikonur (Kazakistan), parti la missione che portò in orbita il primo modulo della base, chiamato Zarya. Da allora l’ISS ha segnato buona parte della storia delle missioni spaziali, dimostrando che, con un po’ di buona volontà, nazioni diverse e in apparente contrasto, possono collaborare in progetti di immensa portata. E così, dal lavoro congiunto di Stati Uniti, Russia, Europa, Canada e Giappone, è nato questo sogno che ancora oggi prosegue la sua vita stellare. Le tappe più significative: La storia della ISS inizia molto prima del 1998, con una storica collaborazione tra Stati Uniti, Canada, dieci paesi dell’Europa nelle vesti dell’ESA (European Space Agency) e il Giappone. Tra i paesi europei c’è l’Italia. Da Baikonur viene inviato il primo modulo della futura base spaziale: si chiama Zarya (dal russo “alba”), è lungo ben 13 metri e pesa la bellezza di 20 tonnellate. Provvederà a buona parte delle funzioni vitali della futura base: energia, propulsione, controllo direzionale e magazzino. Dal Novembre del 2000 la ISS è stata SEMPRE occupata da almeno due astronauti. Lo shuttle Atlantis, con a bordo i due astronauti europei Hans Schlegel e Lèopold Eyharts, porta il modulo Columbus sulla base. Si tratta del laboratorio spaziale sviluppato dall’ESA, grazie alla collaborazione di 41 aziende provenienti da 14 diversi paesi. Da allora sono stati eseguiti più di 40 esperimenti scientifici a bordo della ISS. L’ATV (Automated Transfer Vehicle), realizzato in Europa, attracca automaticamente e senza piloti umani, alla ISS, portando un carico di 7 tonnellate e mezzo tra cibo, acqua, vestiti, ossigeno e attrezzatura scientifica e meccanica. SI rompe la toilette della ISS, originando quello che probabilmente è stato in principale problema incontrato dalla base spaziale in questi anni. Gli astronauti sono così costretti a utilizzare il WC della navetta Soyuz, parcheggiata a fianco della base. Il guasto sarà aggiustato solo parecchi giorni dopo, con l’arrivo di pezzi di ricambio. L’ATV si stacca dalla base spaziale, portando via un carico di rifiuti e bruciando (apposta) nell’atmosfera con essi. Richard Garriot, il celebre designer di videogiochi, si fa un giretto nello spazio a bordo della Soyuz, per poi essere ospitato per qualche giorno sulla ISS.Insomma, vero e proprio turismo spaziale (Garriot è ricco sfondato), anche se l’occasione è buona, per il designer, per promuovere il suo gioco (guarda caso di genere “spaziale”) Tabula Rasa. Il racconto dell’esperienza lo trovi su www.richardinspace.com P.S: Garriot è figlio dell’ex-astronauta Owen Garriot, e ha pagato il viaggio ben 30 milioni di dollari. Dopo il guasto alla toilette della base spaziale, parte lo shuttle Endeavour, la cui missione è rifornire la ISS di una toilette aggiuntiva, oltre che di: frigorifero, cucinino, macchina per l’esercizio fisico e nuovi dormitori. Inoltre, arriva un dispositivo in grado di convertire l’urina in acqua potabile. Dura la vita degli astronauti, anche dopo 10 anni di storia dello spazio! Per ciò che riguarda gli Stati Uniti, pare che l’interesse per la ISS termini con l’era Space Shuttle ed eventualmente si vedrà se il programma americano“Constellation” manterrà le promesse attuali (Primo volo 2014 – sbarco lunare 2020 – Base Lunare permanente 2025 – sbarco su Marte 2028/inforadio/30).
I due moduli, uno Russo e l’altro Americano, hanno fatto da avamposto e hanno rappresentato la concretizzazione di quel concetto di “fratellanza spaziale” che si era cercato fin dal programma Apollo-Sojuz.
Ma andiamo con ordine.
All’inizio degli anni 80 dopo la perdita dello Skylab, rientrato nell’atmosfera prima della disponibilità dello Space Shuttle per assisterlo, la NASA decise di realizzare una Stazione Spaziale che avrebbe chiamato Freedom. Doveva essere la risposta americana alle stazioni spaziali sovietiche Saljut e Mir.
La stazione non ha mai superato la fase di progetto e con la fine della Guerra Fredda il progetto è stato cancellato.
1988: lavoro di gruppo
1993: lo storico accordo
Terminata la “Guerra Fredda”, gli Stati Uniti invitano la Russia a unirsi al progetto. E la risposta è… “Da”!
L’apporto russo è enorme, non solo per l’esperienza (positiva) acquisita con la stazione spaziale MIR, ma per la disponibilità di “Proton” e “Soyuz”, due veicoli in grado di portare in orbita i moduli della base.
20 Novembre 1998: parte la missione
Settembre 2000: l’equipaggio
Arriva il primo equipaggio della base spaziale, a bordo dello shuttle STS-106.
Novembre 2000: sempre a bordo
Aprile 2001: viva l’Italia !
Grande momento per il Belpaese: Umberto Guidoni è il primo astronauta europeo a salire a bordo della base.
7 Febbraio 2008: laboratorio
Aprile 2008: entra in azione l’ATV
Maggio 2008: Huston, serve un idraulico!
Settembre 2008: bye bye ATV
Ottobre 2008: welcome Richard
Novembre 2008: lavori di ristrutturazione
Attualmente siamo nel “grosso” della costruzione, infatti dopo l’installazione del Nodo 2 eseguita dalla STS-120 dell’ottobre scorso, è stata la volta del modulo Columbus, quel progetto europeo che, riveduto e corretto, farà la parte del leone nella ISS del futuro.
I prossimi voli porteranno il Multipurpose Laboratory Module russo, Nodo 3, Docking Cargo Module ed infine la Cupola, ovviamente inframmezzati da tutti i relativi accessori, come truss, giunti e via dicendo.
In tutto questo l’Italia ha una parte fondamentale, infatti dopo USA e Russia, è il paese è che ha collaborato di più con la realizzazione di questa meraviglia orbitante.
Dalle officine Alenia sono usciti: i 3 “MPLM” (Leonardo, Raffaello e Donatello), il “Nodo 2”, “Columbus”, il “Nodo 3” e la “Cupola”.
L’Italia ha collaborato anche nella realizzazione dell’ATV (Automated Trasfer Vehicle), il modulo di rifornimento europeo per la Stazione.
L’ATV è il veicolo con cui si continuerà a rifornire e far risalire di quota la ISS anche quando non ci sarà più lo Shuttle. Assieme a lui resteranno i Cargo Progress e le Sojuz per l’equipaggio.
In studio c’è anche il Giapponese HTV, ma è ancora in sperimentazione.
Ci sono i privati che sono potenzialmente interessati ad uno sfruttamento commerciale e fra questi la SpaceX con il Dragon ha già messo le mani avanti.
Durante le missioni dello SHUTTLE,dovreste poter vedere, se volete anche a tutto schermo ( con un doppio click sull’immagine ), gli astronauti al lavoro, se non stanno dormendo (restano fasati con gli orari americani). Se non vi è conversazione con il personale a terra, c’é una voce fuori campo che spiega di tanto in tanto quello che avviene in orbita. “NASA TV” trasmette vari filmati “spaziali” tutto il giorno TUTTI I GIORNI !
Un’astronauta americana di origine indiana, Suni Williams, ha stabilito un nuovo record: la più lunga e ininterrotta permanenza nello spazio per una donna. Lo hanno reso noto fonti della Nasa, l’agenzia spaziale statunitense. Suni Williams, uno degli ingegneri sulla Stazione internazionale spaziale, ha superato il precedente primato di 188 giorni e 4 ore stabilito dalla connazionale Shannon Lucid nel 1996, hanno precisato le fonti. Non è il primo record stabilito dalla Williams. Nel corso della sua missione, iniziata il 10 dicembre 2006, ha totalizzato 29 e 17 minuti in quattro ’uscitè dalla Iss, eclissando il precedente primato della collega Kathryn Thornton. E lo scorso aprile divenne la prima donna astronauta a compiere una maratona orbitale di 4 ore e 24 minuti.
L'ASTRONAUTA SUNI WILLIAMS
Cape Canaveral (Florida, Usa), 16 marzo 2009 – È decollato nella notte diretto alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) lo shuttle Discovery. Decollo perfetto, ma con un mese di ritardo rispetto alla data inizialmente fissata a causa di una serie di problemi tecnici. Il Discovery – che rimarrà nello spazio 13 giorni, qualcosa in meno del previsto – ha il compito di portare l’ultimo pezzo che servirà al completamento dei pannelli solari, in grado di fornire energia sufficiente al raddoppio degli ‘abitanti’ nella stazione orbitante. Decisamente spettacolare l’inizio missione: i potenti motori dello shuttle hanno rischiarato l’oscurità della notte senza nubi del cielo del Kennedy Space Center a Cape Canaveral, in Florida. E dopo 8 minuti e mezzo circa, il Discovery, con i suoi 7 astronauti a bordo guidati dal capitano Lee Archambault, era già in orbita. “Tutto ha funzionato perfettamente”, hanno fatto sapere i tecnici addetti al controllo della missione, nel Centro Spaziale Johnson a Houston, in Texas, poco prima che la navicella entrasse nell’orbita terrestre. Due minuti e cinque secondi dopo il decollo, i razzi propulsori che lo avevano lanciato nello spazio sono caduti nell’Oceano Atlantico. Il lancio è sicuramente un motivo di sollievo per l’Agenzia Spaziale Statunitense, la Nasa, che aveva calendarizzato l’inizio della missione per il 12 febbraio; ma problemi alle valvole di combustibile hanno ritardato per cinque volte il decollo. L’ultima, la scorsa settimana, quando gli ingegneri avevano individuato una fuga di combustibile, idrogeno gassoso. Lo shuttle, che orbiterà intorno alla terra a oltre 28.00 chilometri all’ora, per 8 giorni rimarrà alloggiato alla Stazione Spaziale che, dopo quasi dieci anni di lavoro, la sua costruzione è ormai quasi conclusa. Attualmente sono tre gli astronauti che vivono in orbita, a quasi 400 chilometri dalla superficie terrestre; ma l’obiettivo è raddoppiare l’equipaggio a partire da maggio. Lo consentirà proprio il Discovery, che trasporta il quarto e ultimo componente dei pannelli solari che aumenteranno la somministrazione di energia del complesso.
STS-120
L’italiano Paolo Nespoli, astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea, ufficialmente assegnato all’equipaggio del volo shuttle Atlantis STS-120 che èpartito martedi 23 ottobre 2007 e che ha portato in orbita il Nodo 2, un modulo americano di connessione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS),costruito dall’Italia. Nel suo primo volo spaziale, Nespoli esplica il ruolo di “specialista di missione”, aggregandosi a cinque astronauti della NASA: il colonnello dell’Air Force Pamela A. Melroy, comandante della missione STS-120 dello shuttle (seconda donna a ricevere la nomina di comandante di missione); il colonnello della Marina George D. Zamka, pilota e specialista di missione, al suo primo volo; e gli specialisti di missione Scott E. Parazynski, il colonnello dell’esercito Douglas H. Wheelock e il capitano della Marina Michael J. Foreman, anch’egli al suo primo volo spaziale.
LA TOILETTE DELLA STAZIONE SPAZIALE (I.S.S.)
La missione di Nespoli rientra nel contesto dell’accordo tra l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la NASA, che prevede la fornitura all’ente spaziale americano di tre moduli logistici pressurizzati multifunzionali (Multipurpose Logistic Pressurised Modules – MPLM) in cambio dell’assegnazione all’Italia di un numero di missioni di volo a bordo dello shuttle e di utilizzazione della Stazione Spaziale Internazionale. Sul sito del ISS Fan Club sono presenti, come sul sito ufficiale d’altra parte ma in maniera piu’ completa e di facile accessibilita’, tutte le frequenze (anche non radioamatoriali) usate dalla ISS. http:/inforadio//inforadio/www.issfanclub.com
Il Nodo 2 è un modulo pressurizzato che, come i Nodi 1 e 3, connette fra loro i moduli di ricerca, abitativi, di controllo e di attracco della Stazione Spaziale. I Nodi sono usati per controllare e distribuire le risorse tra gli elementi connessi.
Il Nodo 1, Unity, è stato sviluppato dalla NASA ed è stato il secondo elemento della Stazione Spaziale a essere messo in orbita, nel dicembre 1998. I Nodi 2 e 3 sono stati sviluppati per la NASA da industrie europee grazie a un contratto con l’ESA, sotto la responsabilità industriale di Alcatel-Alenia Space.
L’ESA ha assegnato la responsabilità della costruzione dei Nodi 2 and 3 all’ASI, in modo da sfruttare la medesima struttura concettuale utilizzata per il Columbus e per i tre Moduli Logistici Pressurizzati Multifunzionali (Multipurpose Pressurised Logistics Module, MPLM) trasportabili nella stiva dello Shuttle.
Il Nodo 2 è il primo Nodo europeo a essere lanciato.
Servirà come elemento di connessione tra il laboratorio europeo Columbus, il laboratorio statunitense Destiny e quello giapponese Kibo. Sarà anche punto d’attracco del veicolo di trasferimento HII costruito dal Giappone. Sarà dotato di un adattatore per l’attracco dello Space Shuttle e sarà utilizzato anche come punto d’attracco degli MPLM.
Il Nodo 2 è progettato anche per essere una base di lavoro del Canadarm 2 (Space Station Remote Manipulator System), il braccio robotico canadese.
Il Nodo 3 ospiterà l’equipaggiamento di supporto necessario per l’equipaggio permanente dei sei astronauti ed ospiterà anche il modulo di Osservazione Cupola dell’ESA, una cupola da cui verrà operato il braccio robotico Canadarm 2 e dal quale l’equipaggio avrà una vista panoramica dello spazio.
Il lancio del Nodo 2 precederà di pochi mesi quello del laboratorio europeo Columbus, previsto per la fine del 2007, e quindi del laboratorio giapponese. Riprenderà così finalmente la realizzazione del più grande progetto mai realizzato nello spazio, dopo una lunga pausa: ”La Stazione Spaziale è in orbita da sette anni – ha detto il responsabile dell’ESA per le missioni umane, la microgravità e l’esplorazione, Daniel Sacotte – il suo sviluppo era stato bloccato dopo la tragedia del Columbia”.
”Mi sembra di essere un atleta che si è addestrato per correre una maratona e adesso finalmente sono al blocco di partenza”: sorride l’astronauta Paolo Nespoli nel giorno dell’annuncio ufficiale della sua missione sullo shuttle. Nespoli sarà così il quinto italiano ad andare nello spazio, dopo: Franco Malerba, Maurizio Cheli, Umberto Guidoni e Roberto Vittori.
Quella che si prepara ad affrontare è considerata una delle più complesse missioni dello Shuttle, nella quale dovrà essere posizionato il Nodo 2 e sistemati nella posizione definitiva i pannelli solari. Per eseguire queste operazioni i sette membri dell’equipaggio dovranno affrontare ben tre passeggiate spaziali (ognuna della durata di 6 ore e mezza) previste nei 12 giorni della missione.
A coordinare le attività extraveicolari, come un regista, sarà molto probabilmente Nespoli. Si prevede inoltre che l’astronauta (l’unico europeo dell’equipaggio) debba azionare il braccio meccanico dello shuttle per le operazioni di manutenzione delle piastrelle dello scudo termico della navetta.
Appassionato di informatica, immersioni subacquee e volo (ha il brevetto per pilotare aerei da turismo), Nespoli è nato a Milano 50 anni fa. Laureato a Firenze in ingegneria meccanica e poi in ingegneria aerospaziale a New York, è stato istruttore alla Scuola militare di paracadutismo di Pisa e poi incursore del battaglione d’assalto Col Moschin; dal 1991 ha lavorato all’addestramento degli astronauti europei al centro dell’ESA a Colonia e poi alla preparazione dei computer di bordo della vecchia stazione spaziale russa MIR. Gli ultimi otto anni li ha trascorsi negli Stati Uniti, ad addestrarsi nello Johnson Space Center della NASA in vista di un volo sullo shuttle.
”Nei primi due anni di addestramento ho acquisito le qualifiche di base per volare sullo shuttle e sulla Stazione Spaziale Internazionale – ha detto Nespoli – e in teoria sarebbe stato possibile volare già nel 2000, ma ho dovuto aspettare per altri sei anni per una serie di problemi, non ultimo l’incidente del Columbia.
C’è voluto un po’ di tempo in più rispetto allo standard di due-quattro anni, ma non è stato tempo perso: mi è servito per acquisire capacità addizionali”. Fiducioso di volare un giorno nello spazio Nespoli lo è sempre stato, e recentemente aveva anche iniziato un addestramento nel centro russo di Città delle Stelle, dove si preparano i cosmonauti, nell’eventualità di una missione a bordo della Soyuz (con qualche difficoltà tecnica per la statura di Nespoli, troppo elevata per il piccolo abitacolo della navetta russa).
”Ma alla fine – dice con ironia – gli astronauti sono risorse e vengono utilizzati come tutte le altre risorse, come l’energia elettrica a bordo.
ISS Frequencies
Amateur Radio Frequencies FM VOICE for ITU Region 1: Europe-Middle East-Africa-North Asia FM VOICE for ITU Region 2&3: North and South America-Caribbean-Greenland-Australia-South Asia FM VOICE Repeater (Worldwide) AX.25 1200 Bd AFSK Packet Radio (Worldwide) UHF Simplex (rarely used) Other Frequencies 121.75 FM Voice downlink from Soyuz-TM during free flight operations, the frequency also carries ranging information from the TORU remote control docking system, and carries a recovery beacon signal during Soyuz descent (detectable over near-east and south- west Asia) 130.167 AM VHF-2 downlink from Zarya – carries voice (Russian and English) plus packet data, sometimes instead of VHF-1 (during shuttle- docked periods) and sometimes in parallel with VHF-1 143.625 FM VHF-1 downlink, the main Russian comms channel – content similar to VHF-2 – works with Russian ground stations plus White Sands AFB, Dryden Flight Center and Wallops Island in the US 166.000 AM Telemetry during orbital operations of Soyuz-TM and Progress M-1 vehicles, also occasional transmissions from ISS – probably from a docked Soyuz or Progress ferry, it can be heard as a buzz with two distinct peaks at 166.125 and 165.875 MHz 259.700 AM Voice from Space Shuttle during ascent and descent – reported as detectable over east coast US then from Europe about 20 minutes after lift-off, generally silent at other times but has been detected over Europe on the descent orbit 632.000 634.000 AM Telemetry from Zarya module, similar to the 166 MHz transmission with peaks at +/inforadio/- 125 kHz – transmissions not very frequent and seem to be confined to 634 MHz – most likely on passes over eastern Europe – watch out for the Doppler shift at this frequency – it can make the signal appear up to 15 kHz off-frequency 628.000 630.000 AM Telemetry from Zvezda module, transmissions are similar to, and more frequent than those from Zarya and are on command from Moscow – the two transmitters appear to operate in parallel 922.76 CW Beacon from Soyuz-TM and Progress M1 and from the Russian ISS modules – tends to be received in parallel with the 166 MHz or 620-630 MHz transmissions, beware of the Doppler, it ranges +/inforadio/- 23 kHz from the centre frequency 2265.0 Digital S-Band Single Access Telementry Downlink 15003.4 Digital Ku-Band Single Access Downlink. Used for video and large file tranfers.
La frequenza di appoggio con il centro di communicazione russo e’ spesso usata. La ISS monta 4 antenne usate anche su frequenze radioamatoriali al momento attuale, 3 sono antenne quadribanda (144/inforadio/430/inforadio/1400(1200)/inforadio/2400) piu’ una whip di 2.5 metri progettata per essere usata in HF specialmente sui 29 MHz. Al momento attuale, l’antenna HF non e’ mai stata usata e pure i 1200/inforadio/2400 MHz NON SONO MAI STATI USATI. L’AMSAT rimanda a fattibili progetti in analisi l’uso di tale frequenze dalla ISS. Il mondo radioamatoriale invece preme per poter fare in modo che la radio sia riprogrammata e messa in modalita’ trasponder Uhf/inforadio/Vhf quando gli astronauti non adoperano la stessa. Sembra che vi sia un manuale operativo per l’uso di tale radio, come in tutte le procedure a bordo della ISS, che prevede 15 minuti di preparazione e 10 minuti di operazioni dopo il fine trasmissioni. Ciao e buon ascolto (spero anche di altri satelliti)
STS-121
STS-122
La Nasa ha dato il “Via”, per il lancio della missione dello Shuttle Atlantis e del suo equipaggio che è partito il 7 febbraio 2008. A bordo c’era il“modulo Columbus”, che è la vera “casa” per gli astronauti europei e ad accompagnarlo nello spazio, c’erano anche due astronauti europei:
Il “modulo Columbus”, costruito dall’Agenzia Spaziale Europea, è il contributo più importante del Vecchio continente nella costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. Con l’aggancio del modulo alla struttura orbitante, l’Europa diverrà partner attivo nelle operazioni e nell’utilizzo dell’unica stazione spaziale oggi esistente. “Stiamo ancora analizzando lo Shuttle Discovery da poco tornato a Terra (con a bordo l’italiano Paolo Nespoli) e lo abbiamo trovato davvero in perfette condizioni, il che ci fa sperare in un’altra missione eccellente”, ha detto Wayne Hale, responsabile del programma Shuttle.
Ma cos’è esattamente “Columbus”? E’ un modulo a forma cilindrica lungo circa 7 metri e largo 4,5. Al suo interno vi sono degli “armadi”, ognuno dei quali permette una serie di esperimenti da condurre in ambiente di microgravità, qual è la situazione nello spazio attorno alla Terra. Vi possono stare fino a dieci armadi, che in termini tecnici si chiamano Ispr, ossiaInternational Standard Payload Rack. Ciascuno ha le dimensioni di una cabina telefonica e funziona indipendentemente da tutti gli altri. Tra questi si possono ricordare quello dedicato alle ricerche sulla fisiologia umana per studiare gli effetti sull’uomo dei voli di lunga durata; quello sui fluidi, per capire gli strani comportamenti che hanno in assenza di gravità e così via. All’esterno inoltre è possibile alloggiare degli strumenti per lo studio della Terra o dello spazio profondo.
Ma cos’è esattamente “Columbus”? E’ un modulo a forma cilindrica lungo circa 7 metri e largo 4,5. Al suo interno vi sono degli “armadi”, ognuno dei quali permette una serie di esperimenti da condurre in ambiente di microgravità, qual è la situazione nello spazio attorno alla Terra. Vi possono stare fino a dieci armadi, che in termini tecnici si chiamano Ispr, ossiaInternational Standard Payload Rack. Ciascuno ha le dimensioni di una cabina telefonica e funziona indipendentemente da tutti gli altri. Tra questi si possono ricordare quello dedicato alle ricerche sulla fisiologia umana per studiare gli effetti sull’uomo dei voli di lunga durata; quello sui fluidi, per capire gli strani comportamenti che hanno in assenza di gravità e così via. All’esterno inoltre è possibile alloggiare degli strumenti per lo studio della Terra o dello spazio profondo.
Tutte le iniziative passano dal “Columbus Control Centre” che si trova in Germania, che fa da interfaccia tra i ricercatori e la Stazione Spaziale. “Columbus” porta in orbita i primi cinque rack e due moduli che verranno agganciati all’esterno del laboratorio. Spetterà all’astronauta Schlegel, con due passeggiate spaziali, alimentare tali esperimenti collegandoli con il laboratorio. Eyharts invece, dovrà fare da ospite almeno sino al febbraio del 2008, quando un altro Shuttle lo riporterà a Terra. “Columbusè davvero molto importante per l’Agenzia Spaziale Europea, perché ci darà modo di svolgere esperimenti di grande rilievo e di prepararne altri per il futuro”, ha spiegato l’astronauta. L’aastronauta Paolo Nespoli, ci ha raccontato che al di là dell’importanza specifica di moduli come il Nodo 2 e Columbus, ogni aggiunta di volume abitabile alla stazione è importante in sé, perché dà un po’ di sollievo al problema cronico di dove mettere le cose. Proprio come accade a ogni casa dove si è vissuto a lungo, e a un certo punto gli armadi scoppiano, i libri sono tutti in doppia fila e in cantina ci si fa strada a fatica fra mobili vecchi e valigie stracolme, anche la stazione spaziale è invasa di “cose”; oggetti di ogni genere e natura, attrezzi standard e attrezzi speciali per speciali esperimenti e funzioni, imballaggi particolari, strumenti, scatole e scatoloni con dentro altri oggetti, altri attrezzi, altri strumenti… il tutto peggiorato dal fatto che eliminare la spazzatura della stazione è possibile, e viene fatto regolarmente, ma non è un’operazione banale. Dentro la stazione, insomma, c’è un certo casino, una sorta di ”entropia aggravata”; e difatti, l’inventario delle varie attrezzature (incluse, per dire, certe specifiche rondelle o certe particolari viti, ciascuna delle quali ha il suo *singolo* numero di codice e il suo posto esatto) è un elemento cruciale , il cui rispetto può causare frizioni sia tra gli astronauti sia con il controllo a terra. In pratica, è come se la stazione spaziale fosse una casa superaffollata, a cui di tanto in tanto si aggiunge una nuova stanza o un nuovo armadio. Che finirannno per riempirsi di roba anche loro, ma intanto ti danno quel momentaneo sollievo grazie a cui per due o tre settimane ti sembra di avere una casa bella e ordinata come quelle delle riviste di arredamento.
L’equipaggio della stazione spaziale e dello shuttle Atlantis sono al lavoro per attivare il laboratorio Columbus dell’Esa europea saldamente agganciato da lunedì alla base orbitale. Finalmente dopo circa vent’anni di attesa e di lavoro il Vecchio Continente ha il suo laboratorio cosmico e nel futuro un astronauta europeo dovrebbe di diritto sostare sulla stazione assieme ad americani, russi e giapponesi. Il prossimo mese, infatti, lo shuttle porterà in orbita anche il laboratorio nipponico Kibo. A quel punto la maggior parte dei moduli abitati previsti sarà nello spazio. Per il completamente della base mancano il “nodo 3”, un modulo analogo al nodo 2 che ha portato in orbita Paolo Nespoli, ma arredato diversamente perché consentirà anche l’abitazione degli astronauti quando non lavorano. Su di esso, inoltre, sarà istallata la cupola che faciliterà le operazioni esterne con il braccio robotizzato della stazione, aumentando la visuale. Sia il nodo 3 che la cupola sono costruiti a Torino da Thales Alenia Space. NATO IN ITALIA Ma anche Columbus è nato in gran parte nelle stesse camere bianche torinesi responsabili dell’intera struttura e dell’impianto di condizionamento. Al suo interno ci sono una trentina di esperimenti scientifici e per questo, ancora a Torino, sono stati realizzati alcuni impianti che li consentiranno nei prossimi mesi. Alla Carlo Gavazzi Space di Milano è stato preparato un altro sistema installato all’esterno di Columbus e che permetterà diversi tipi di indagini tra cui il collaudo di un nuovo sistema di propulsione accompagnato poi da una telecamera che effettuerà riprese capaci di mostrare l’ambiente intorno alla grande architettura cosmica.C’è molta tecnologia italiana, dunque, lassù. Ma ora tocca agli scienziati entrare in scena. Dal centro Mars della Telespazio di Napoli si gestiranno esperimenti riguardanti gli effetti provocati dalla gravità su alcune sostanze. Si tratta di esplorare i fenomeni fisici che sono alla base di alcuni processi e che è necessario conoscere per poter realizzare in assenza di gravità materiali impossibili da ottenere sulla Terra.
UN DECENNIO – La vita del laboratorio Columbus costato due miliardi di dollari è stimata in circa una decina d’anni ma al suo interno gli apparati per gli esperimenti possono essere cambiati a seconda dei test da effettuare. Il primo astronauta dell’ESA che governerà il laboratorio è il francese Léopold Eyharts che rimarrà per tre mesi sulla stazione. Disporre di un laboratorio è determinante per poter effettuare con continuità ricerche che oggi erano limitate al tempo di volo dello shuttle. Per questo la stazione quando sarà completata entro il 2010 avrà un equipaggio di sei astronauti per metà dedicati alla vita e al funzionamento della base e per l’altra metà alla ricerca. L’avventura, dunque, sta per incominciare.
(www.corriere.it) Al via la nuova era spaziale
Un'Astronave senza uomini
Ha portato rifornimenti alla stazione orbitante ISS. KOUROU (Guyana Francese) —Domenica mattina 9 marzo 2008, poco prima dell’alba in Europa, dalla base spaziale nella Guyana francese ai bordi della foresta amazzonica è partita la più complicata e più grande astronave automatica mai costruita fin’ora. Frutto di un pianodell’agenzia europea Esa, il cargo cosmico delle dimensioni di un autobus a due piani, è destinato a garantire i rifornimenti della Stazione Spaziale Internazionale “ISS” che ruota intorno alla Terra a 400 chilometri d’altezza. Lo hanno battezzato “Jules Verne” e infatti c’è molta fantascienza nel viaggio e nelle attività del nuovo veicolo “robotizzato”. Dopo essersi liberato dal lanciatore Ariane-5 che lo ha trasportato oltre l’atmosfera, con i suoi sensori ha ha trovato la giusta posizione tra le stelle e autoguidandosi con il Gps, è andata alla ricerca della Stazione Spaziale “ISS”. Una volta individuata, ha lanciato raggi laser per calibrare l’avvicinamento e arrivare all’aggancio con la precisione di un centimetro e mezzo; il tutto mentre “Verne” e la Stazione corrono alla velocità di 27 mila chilometri orari. Ora rimarrà unito alla base orbitale per sei mesi e intanto gli astronauti trasferiranno le quasi otto tonnellate di rifornimenti portate dalla Terra: ci sono propellenti, ossigeno, acqua, cibo e strumentazione scientifica. Ma durante la permanenza, “Verne” dovrà compiere un’operazione importante per la sopravvivenza della stessa Stazione. Questa, infatti, rallenta progressivamente per l’attrito causato dalle rare molecole presenti anche a quella quota e quindi si abbassa. Se in qualche modo non venisse rialzata finirebbe per cadere nell’atmosfera. “Verne”, quindi, accenderà i suoi quattro motori e la riporterà nella posizione voluta. Terminato il soggiorno, il “cargo spaziale” sarà riempito dell’immondizia accumulata sulla Stazione e poi si sgancerà andando a disintegrarsi nell’atmosfera sopra l’Oceano Pacifico per non creare problemi. Costruire “Verne” è stata un’impresa di altissima ingegneria in vari campi, dai materiali all’elettronica, che in Europa ha coinvolto 1600 tecnici e ingegneri di una trentina di società guidate da Eads-Astriu «In Italia abbiamo realizzato tutta la sua struttura — precisa Alberto Penazzi, amministratore delegato di Thales Alenia Space —. Oltre il“Verne”, fabbricheremo sei veicoli che garantiranno i collegamenti fino al 2014 impegnando oltre un centinaio di tecnici altamente specializzati ». Altre società italiane (Elsag Datamat, Dataspazio e Selex Galileo) hanno invece contribuito per l’elettronica e i sensori. All’astronave automatica dell’Esa (costata 1,2 miliardi di euro) è legato l’utilizzo della Stazione soprattutto dal 2010 quando lo shuttle della Nasa smetterà di volare. Allora soltanto, “Verne” soddisfarà le necessità dei rifornimenti necessari alla vita e al lavoro sulla base mentre gli astronauti per arrivarci e tornare dovranno far ricorso alle piccole navicelle russe Soyuz. Un ulteriore aiuto arriverà dalla altrettanto piccola navicella — sempre russa— Progress capace però di trasportare carichi tre volte inferiori a “Verne”. Ma il nuovo veicolo europeo è solo un punto di partenza. Gli ingegneri dell’Esa stanno già studiando delle versioni con capsula recuperabile che in prospettiva potrà accogliere gli astronauti. Giovanni Caprara
NAVETTA ‘JULES VERNE’ SI AGGANCIA A ISS ROMA – La prima navetta automatica europea, Jules Verne, adesso fa parte della Stazione Spaziale Internazionale (Iss): è stato un successo l’aggancio della navetta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) alla stazione orbitale ed è il punto di arrivo di un’avventura durata dieci anni, che ha coinvolto 1.500 tecnici di dieci Paesi, con un costo complessivo di sviluppo di 1,3 miliardi di euro.
La manovra delicatissima di oggi è stata una prima assoluta nello spazio, perché tutto è avvenuto automaticamente e i tre membri dell’equipaggio della stazione spaziale, al comando di Peggy Whitson, si sono limitati ad osservare il progressivo avvicinamento della navetta, pronti a intervenire esclusivamente in caso di emergenza. “Non c’é mai stata tanta Europea a bordo della stazione spaziale”, ha detto entusiasta il direttore generale dell’Esa, Jean Jacques Dordain. “Dopo il Nodo 2 e il laboratorio Columbus, adesso della stazione orbitale fa parte anche la navetta europea Jules Verne”.
La manovra di avvicinamento oggi è cominciata quando il Veicolo di trasferimento automatico (Atv) si trovava a 39 chilometri dalla Iss. Poco dopo le 14,00 la navetta era già a 3,5 chilometri dalla stazione orbitale e da allora l’avvicinamento è stato progressivo, interrotto solo da brevi soste di alcuni minuti. A poco a poco Jules Verne ha acceso luci, radar, videometri e telegoniometro. Arrivata a 249 metri ha ridotto la velocità ed è cominciata la fase finale, seguita dal centro di controllo dell’Esa in Francia, a Tolosa, in continuo contatto con i centri di controllo della Nasa a Houston e dell’agenzia spaziale russa Roscosmos a Mosca. L’ATV si è sganciato perfettamente dalla ISS Ora l’ATV affronta l’ultima parte della sua lunga permanenza nello spazio, che terminerà con un rientro distruttivo e controllato nell’atmosfera terrestre, il giorno 29 settembre Alla fine della prima missione del ciclo, l’ATV, Automated Transfer Vehicle, gioiello tecnologico dell’ESA, sviluppato dal consorzio EADS, con Alenia Spazio e Astrium Space, si è perfettamente sganciato dalla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, alle 23.29, tempo dell’Europa Centrale, di venerdì 5 settembre 2008. Ora l’ATV affronta l’ultima parte della sua lunga permanenza nello spazio, che terminerà con un rientro distruttivo e controllato nell’atmosfera terrestre, il giorno 29 settembre. Il 4 settembre l’equipaggio a bordo della Stazione Spaziale ha chiuso i portelloni di comunicazione tra la ISS e l’ATV, nel corso della preparazione della procedura di sganciamento automatico. Terminate tutte le fasi della procedura, l’ATV, il veicolo europeo senza equipaggio a bordo, si è staccato dalla Stazione Internazionale, grazie alla spinta propulsiva di alcuni motori che lo hanno lentamente allontanato dalla ISS. Dopo queste prime fasi durate 22 minuti, l’ATV si è ritrovata al di sotto della Stazione ad una distanza di 5 Km . Per 23 giorni l’ATV rimarrà nella cosiddetta fase di rifasamento, che, oltre garantire un suo sicuro allontanamento dalla ISS, porterà il veicolo inun orbita inferiore (vale a dire più vicina alla terra) a quella della Stazione, e lo arretrerà rispetto alla stessa. Questa lenta manovra consentirà all’ATV di raggiungere il suo punto di rientro nel tempo giusto per andarsi a disintegrare nell’atmosfera in una zona sovrastante una regione completamente disabitata del Pacifico meridionale, essendo inoltre perfettamente osservabile in queste fasi dall’equipaggio della ISS e da due aerei monitor attrezzati di speciali strumenti per registrare il rientro del primo veicolo della serie ATV. L’ATV si trova in orbita dal 9 marzo 2008, quando ha avuto inizio la missione inaugurale della serie dei veicoli europei, destinati al trasporto di merci verso la ISS e a rientrare con materiale da distruggere nell’atmosfera terrestre dove si disintegrano. “Il modo perfetto con cui l’ATV ha eseguito le operazioni nelle diverse fasi della sua missione evidenzia come il livello di prestazioni della tecnologia spaziale europea sia stato portato a livelli altissimi” – dichiara Simonetta di Pippo, direttrice delle Missioni con volo umano, presso l’ESA. “Questo successo conforta anche sulla possibilità futura per l’Europa di dotarsi della possibilità di essere autonoma sul fronte dei veicoli cargo verso lo spazio. Appuntamento quindi per la fase dello spettacolare rientro distruttivo dell’ATV il giorno 29 settembre 2008.
Le immagini, trasmesse dal centro dell’Esa a Frascati (Roma) in collegamento con Tolosa, hanno mostrato il “naso” dell’Atv visto dall’interno del modulo russo della Iss, Zvezda avvicinarsi sempre di più fino al contatto. Una manciata di minuti più tardi è scattato il sistema di aggancio e la navetta è diventata parte della Iss. L’equipaggio della stazione orbitale aprirà il portello domani mattina, ma soltanto per un’operazione di pulizia dell’aria interna alla navetta, allo scopo di eliminare l’eventuale presenza di gas nocivi. Soltanto dopodomani sarà possibile entrare nella parte pressurizzata del modulo e cominciare la lunga operazione di “scarico” dei rifornimenti, tra cibom acqua, abiti, aria e propellente. Jules Verne porta sulla Iss un carico di circa sette tonnellate, ma non è un semplice cargo.
Parte del suo propellente verrà infatti utilizzato più volte nella missione per aiutare la stazione orbitale a rientrare nella sua orbita, contrastando il lento decadimento causato dalla gravità terrestre. La navetta resterà agganciata alla stazione spaziale fino al prossimo agosto, quando si distaccherà per tornare verso Terra, distruggendosi al rientro nell’atmosfera con il suo carico di 6,4 tonnellate di spazzatura.
STS-123
La missione “sts123” durera’ 16 giorni di cui 12 dentro l’ISS La navetta ha trasportato la prima parte di un laboratorio giapponese La navicella spaziale americana Endeavour è stata lanciata dalla Florida verso la Stazione spaziale internazionale (Iss). A bordo sette astronauti, tra cui un giapponese. Il decollo è avvenuto puntualmente alle 7.28 (ora italiana). Le condizioni meteorologiche sono favorevoli. Lo shuttle, che resterà in orbita 16 giorni, trasporta alcune parti di un laboratorio da installare sulla stazione spaziale internazionale.
La Nasa ha effettuato il lancio alle 02:28 di martedì 11 marzo 2008 ora di Cape Canaveral (le 07:28 di martedi’ in Italia). Con Endeavour, la più giovane delle tre navette di cui ancora dispone la Nasa (ha debuttato nel 1992), i sette astronauti portano nello spazio la prima parte di un grande laboratorio giapponese, Kibo (speranza), che richiederà i viaggi di tre navette per essere completato.
La missione attuale servirà a installare la parte che servirà da deposito di materiali, mentre il nucleo del laboratorio vero e proprio andra’ in orbita a maggio. Sempre nella stiva è ospitato anche il robot Dextre, costruito dal Canada, un’apparecchiatura alta 4 metri e che dispone di due braccia ‘umane’ lunghe tre metri e mezzo ciascuna. Dextre verrà assemblato sullo shuttle e poi agganciato a un braccio robotizzato della Iss, da dove potrà eseguire in futuro una serie di operazioni all’esterno che oggi richiedono passeggiate spaziali degli astronauti. In tutto, è previsto un numero record di cinque passeggiate spaziali per installare tutto il materiale. Quella di Endeavour è la seconda di sei missioni degli shuttle previste quest’anno dalla Nasa, che sta accelerando i tempi per concludere la Stazione spaziale da 100 miliardi di dollari prima che le navette vadano in pensione nel 2010. Domenica 9 marzo è stato lanciato dalla Guyana francese il primo cargo spaziale europeo, il Jules Verne, che resterà vicino all’ISS durante la visita dell’Endeavour, aspettando il suo turno per ormeggiare alla stazione.
(www.corriere.it) Dai videogiochi allo spazio
Sogno realizzato per Richard Garriott , sesto turista spaziale e «figlio d’arte» MILANO – «Il mio sogno di seguire le orme di mio padre si è realizzato!». Sono state le prime parole pronunciate dallo spazio da Richard Garriott che per dieci giorni sarà ospite della stazione spaziale internazionale a partire da martedì 14 ottobre. E’ salito in cielo domenica a bordo della navicella Soyuz-TMA13 lanciata con un razzo Semiorka. Richard Garriott è un miliardario americano diventato ricco fabbricando computer games : l’ultimo della serie si chiama Tabula Rasa. IL PADRE ASTRONAUTA – Ma sin da quando ascoltava i racconti affascinanti del padre aveva coltivato il sogno di ripercorrere la stessa strada, volando in orbita. Il padre Owen, infatti, fece parte di uno dei tre equipaggi che soggiornarono sul laboratorio cosmico Skylab della Nasa lanciato negli anni Settanta, E poi volò pure sulle shuttle. Abbiamo cenato una sera assieme: è un signore gentile, modesto e sempre sorridente. Richard però non entrò alla Nasa, lavorò nel mondo dei computer, ebbe buone idee e accumulò ricchezza. Ma voleva anche lui vedere ruotare la Terra dall’alto e fece di tutto per diventare il primo turista spaziale. Purtroppo le vicende economiche non andarono sempre per il verso giusto e il sogno dovette essere rinviato e il primo fu l’americano Tennis Tito. Ma ora, a 47 anni, è arrivato dove voleva e da lassù parla soddisfatto: è il sesto turista a compiere il grande balzo, ma lui rifiuta questa etichetta. BIGLIETTO DA 30 MILIONI DI DOLLARI – La Nasa non gli riconosce il titolo di astronauta: per la Nasa quelli che arrivano pagando il biglietto con le navicelle russe sono solo «spaceflight participant», partecipanti al volo spaziale, una dizione generica che toglie un po’ di lustro all’impresa pagata profumatamente. Anzi Garriott ha pagato più dei suoi cinque predecessori sborsando trenta milioni di dollari, dieci in più rispetto al passato. Anche nello spazio i prezzi lievitano. E visto che la domanda c’è, Space Adventures, la società americana che organizza i viaggi orbitali ne approfitta: in fondo per un miliardario 10 milioni in più che cosa sono? Garriott svolgerà alcune sperimentazioni sulla stazione spaziale: per la Nasa farà da cavia sottoponendosi a dei test per studiare le conseguenze sul corpo umano dell’assenza di gravità che incide sul sistema immunitario ma anche sul sonno. Per l’Esa europea invece compirà delle analisi sull’osteoporosi e sul sistema dell’equilibrio dal quale spesso nasce il mal di spazio. Poi fotograferà la Terra. Ma Garriott, visto che paga un biglietto salato, ne approfitta per fare un po’ gli interessi di famiglia eseguendo dei test della società di biotecnologie ExtremoZyme della quale il padre è co-fondatore. Tolta la tuta da astronauta della Nasa diventò infatti un uomo d’affari.
PRESTO VOLI ECONOMICI – Il club dei turisti spaziali miliardari è ristretto e anzi l’agenzia spaziale russa Roskosmos ha fatto sapere di essere intenzionata a ridurre queste possibilità di volo: ma finora l’unica cosa che ha materializzato è stato un aumento del 50 per cento delle tariffe del biglietto. Intanto si avvicina il momento dei voli più economici organizzati da Richard Branson della Virgin Galactic che promette di mettere a disposizione per la fine del 2009 lo “SpaceShipTwo” costruito dall’americano Burt Rutan. Con questo veicolo a razzo si arriverà però soltanto alle soglie dello spazio a cento chilometri d‘altezza. Tuttavia basterà per assaggiare per poco più di cinque minuti l’ebrezza dell’assenza di peso. Costerà 200 mila dollari e già 250 persone hanno versato un anticipo per non perdere l’occasione. Non gireranno completamente intorno alla Terra ma almeno vedranno il cielo nero, e proveranno fisicamente l’emozione degli astronauti veri. Giovanni Caprara
STS-125
La STS-125 è una missione spaziale del Programma Space Shuttle. Questa missione dovrebbe essere la quinta (e ultima) missione di servizio verso iltelescopio spaziale Hubble. Inizialmente la missione doveva essere svolta con lo Shuttle Discovery ma la NASA recentemente ha deciso di utilizzare l’Atlantis per la missione. Questa sarà la 31° e ultima missione per l’Atlantis e il lancio, inizialmente previsto per il 28 agosto, è stato spostato al gennaio 2009. Questa missione sarà l’ultima a prevedere un volo “solitario” di uno Shuttle, e nelle successive sarà sempre presente un aggancio alla Stazione Spaziale Internazionale. È il primo volo solitario dell’Atlantis dalla missione STS-66 del 1994. La STS-125 è una missione spaziale del Programma Space Shuttle. Questa missione dovrebbe essere la quinta (e ultima) missione di servizio verso il telescopio spaziale Hubble. Inizialmente la missione doveva essere svolta con lo Shuttle Discovery ma la NASA recentemente ha deciso di utilizzare l’Atlantis per la missione. Questa sarà la 31° e ultima missione per l’Atlantis e il lancio, inizialmente previsto per il 28 agosto, è stato spostato al 10ottobre 2008 Questa missione sarà l’ultima a prevedere un volo “solitario” di uno Shuttle, e nelle successive sarà sempre presente un aggancio alla Stazione Spaziale Internazionale. È il primo volo solitario dell’Atlantis dalla missione STS-66 del 1994. STS-400 STS-400 è la sigla assegnata agli Equipaggi di Supporto (Contingency Shuttle Crew Support) pronti al lancio in caso di guasti alla missione STS-125. Questa missione sarà diversa rispetto alle altre missioni di riserva, e prevede la presenza di un secondo Shuttle pronto al lancio sulla rampa 39-B quando verrà lanciata la missione. Infatti, a causa dell’orbita e dell’inclinazione del telescopio spaziale Hubble, l’equipaggio dell’Atlantis non potrà usare la stazione spaziale come rifugio in attesa del lancio della missione di riserva per il recupero. Dovendo essere pronti gli Shuttle su entrambe le piattaforme del Complesso di lancio 39, dovranno essere rimandate di sei mesi le modifiche previste per il futuro vettore Ares I della navetta Orion. (http:/inforadio//inforadio/quotidianonet.ilsole24ore.com/inforadio/)
STS 126
Riparano e ampliano la Iss
Quella dell’equipaggio è stata una missione “estremamente complessa e ardua”: riparare il pannelli solari della Stazione Spaziale Internazionale e ampliare la zona che ospita gli astronauti. L’obiettivo per il futuro è di ospitare sei persone alla volta. Cape Canaveral, 15 novembre 2008 – Lo shuttle Endeavour è partito per una missione che dovrà portare all’ampliamento dell’Iss, la stazione spaziale orbitante. La navetta, che ha un equipaggio di 7 persone, ha cominciato il suo viaggio durante la notte dal centro spaziale Kennedy a Cape Canaveral, in Florida. Tutto, secondo Michael Griffin, capo dell’agenzia spaziale statunitense, è andato per il meglio. Quella dell’equipaggio dell’Endeavour sarà una missione “estremamente complessa e ardua”: riparare il pannelli solari dell’Iss a quasi dieci anni dall’inizio dei lavori per la sua realizzazione e l’ampliamento della zona che ospita gli astronauti. L’obiettivo per il futuro è di mandare equipaggi più consistenti – da tre a sei uomini – e per questo verranno aggiunti due nuove zone notte, attrezzi per l’esercizio fisico, una seconda toilet, due nuovi forni per scaldare il cibo, un frigo per gli alimenti e le bevande, un congelatore e un forno per gli esperimenti. L’Endeavour porta con sè 14,5 tonnellate di materiale ed equipaggiamenti al modulo italiano Leonardo. “Di fatto la Iss diventerà una casa con cinque stanze da letto, due bagni e una cucina in grado di ospitare sei persone alla volta” hanno detto alla Nasa. Gli astronauti installeranno anche un sistema che trasforma l’urina in acqua potabile. I “Diritti Umani” sono in orbita Con la missione STS126 dello Shuttle partita il 15 novembre, una copia della “Dichiarazione universale dei diritti umani” è arriveta a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ISS. E’ un evento di alto significato simbolico, pensato per celebrare i sesant’anni trascorsi da quanto i diritti umani furono universalmente stabiliti, il 10 dicembre 1948, dall’assemblea delle Nazioni Unite.
Nel testo approvato in quel tempo di grandi speranze seguito alla tragedia della seconda guerra mondiale, spicca l’affermazione secondo cui “tutti gli uomini nascono liberi e uguali nella loro dignità e nei loro diritti”, ciò che dovrebbe portare a un altrettanto universale “spirito di fratellanza”.
Purtroppo basta guardarsi intorno per constatare che in molte parti del mondo, dall’Africa al Medio ed Estremo Oriente, le affermazioni della Dichiarazione dell’ONU sono del tutto ignorate e disattese. Ma proprio per questo l’iniziativa sostenuta dall’Esa e dalla Nasa acquista più importanza.
Sigillata in uno speciale imballaggio progettato per la trasferta spaziale, la copia della Dichiarazione verrà trasferita e conservata a bordo del Laboratorio europeo “Columbus”. I paesi che aderiscono alla massima organizzazione internazionale sono ad oggi 192.
Rimaniamo in tema con un’altra notizia che arriva dal “palazzo di vetro” di New York. L’Unesco (organismo culturale dell’ONU) e la International Astronomical Union (IAU) hanno firmato il 30 ottobre un Memorandum di Intesa che garantirà la protezione dei siti storicamente più significativi per la cultura del cielo in senso lato: le piramidi d’Egitto, la città maya di Chichen Itza in Messico, il monumento megalitico di Stonehenge in Inghilterra (nella foto) e così via.
Il Memorandum rientra nel quadro delle iniziative che le Nazioni Unite, tramite l’Unesco, stanno prendendo in vista del 2009, proclamato Anno Internazionale dell’Astronomia su proposta partita dall’Italia, e in particolare da Franco Pacini dell’Università di Firenze.
La tutela del patrimonio archeologico e storico legato alla cultura del cielo è uno degli assi portanti dell’Anno Internazionale dell’Astronomia. Tra gli animatori dell’iniziativa si distingue Clive Ruggles, professore emerito di archeoastronomia all’Università di Leicester, Regno Unito.
I criteri di protezione dovranno essere ulteriormente precisati per poter inserire altri siti che ne faranno richiesta nella lista della “Astronomy and Worl Heritage Initiative”.
La International Astronomical Union (che riunisce più di diecimila astronomi di tutto il mondo) si propone di tutelare non solo siti archeologici ma anche, con pari priorità, siti e strumenti moderni che abbiano segnato tappe importanti nel progresso delle conoscenze astronomiche. “Un obiettivo – ha detto Clive Ruggles – tanto più importante in quest’epoca di globalizzazione che tende a fare della conoscenza un patrimonio davvero a disposizione di tutto il pianeta”.
L’astronave cupola: una finestra sul cosmo
Tecnologia made in Italy ispirata a michelangelo La struttura permetterà di controllare il funzionamento del Braccio robotico remoto della stazione MILANO — È tutta tecnologia made in Italy la nuova finestra sull’universo che permetterà agli astronauti della Stazione spaziale internazionaleISS una visibilità a 360 gradi sullo spazio esterno, per controllare il funzionamento del Braccio robotico remoto della stazione, ma anche di godere di una vista mozzafiato sul cosmo. A costruire la Cupola spaziale sono stati gli ingegneri di Thales Alenia Space, la joint-venture italo-francese tra il gruppo Thales e Finmeccanica, «copiando » l’intuizione di Michelangelo quando all’inizio del Cinquecento scolpì il David. Come l’artista rinascimentale partì da un unico blocco di marmo per ricavare uno dei capolavori della scultura mondiale, così la Cupola è stata ottenuta da un blocco pieno di lega di alluminio, poi scavato con le macchine per dargli la forma e lo spessore voluti. «Era la soluzione migliore per ottenere la massima superficie possibile di vetri e poi mantenerli insieme in modo estremamente rigido, per poter resistere alle straordinarie condizioni cosmiche. Ma, allo stesso tempo, per avere una struttura leggera, perché nello spazio il peso costa», spiega al telefono l’ingegnere Luigi Maria Quaglini, direttore dello stabilimento di Thales Alenia Space a Torino. E questa versione hi-tech di abilità antiche, che ieri si è guadagnata la prima pagina del Wall Street Journal, ha permesso al consorzio guidato da Thales Alenia Space di vincere la gara indetta dall’Agenzia spaziale europea nel 2000 e battere il consorzio di aziende tedesche, che invece proponeva di realizzare la struttura della Cupola assemblando strisce di metallo. Una soluzione, quella tedesca, giudicata poco affidabile per resistere alle tremende sollecitazioni spaziali (caldo torrido, freddo siderale, polveri, meteoriti e altri detriti) a cui sarà sottoposto l’osservatorio. La Cupola, «grande come una nuova Fiat Cinquecento», pesa 1680 chili ed è composta da sette grandi vetrate (sei laterali e una superiore). Rappresenterà anche «un legame psicologico fra la stazione e la Terra », afferma Dino Brondolo, responsabile dei programmi di Thales Alenia Space. La Nasa la manderà in orbita tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010 per attaccarla al Nodo 3, un modulo della Stazione spaziale sempre realizzato da Thales Alenia Space. Come lo è il Nodo 2. Come lo sono Leonardo, Raffaello e Donatello, i tre e moduli logistici utilizzati per il trasporto con lo Shuttle (è successo appena due settimane fa con Leonardo, rimasto per due settimane attaccato al Nodo2 per rifornire la Stazione spaziale). O, ancora, come lo è il laboratorio Columbus, lanciato quest’anno e ora agganciato in modo permanente alla Stazione. «Qui a Torino abbiamo costruito oltre il 50% dagli spazi pressurizzati, cioè vivibili dagli astronauti della Stazione spaziale internazionale. Più di quanto hanno fatto Usa e Russia. Un vanto per la tecnologia italiana. Gli americani vedono gli italiani come artisti. Noi volevamo dimostrare che, oltre a essere artisti, siamo anche ingegneri e sappiamo fare cose belle, ma anche efficienti», dice Dino Brondolo. Nel complesso, per quel che riguarda la Stazione spaziale internazionale, i progetti di Thales Alenia Space ammontano a «circa 2 miliardi complessivi», di cui la Cupola rappresenta 25 milioni.
Celebrazione del 30° Anniversario della missione STS-1 dello Shuttle
Martedì 12 aprile 2011 ha segnato una pietra miliare del volo spaziale della esplorazione umana degli Stati Uniti e così il Programma Space Shuttle Program (SSP) ha celebrato il “30 ° anniversario della missione STS-1“. SSP dello Space Shuttle Massimino (STS-125)
Con inizio alle 09:00 CDT presso l’Auditorium Teague in una mattinata speciale sono stati commemorati i successi degli ultimi 30 anni. Il programma della manifestazione è stato:
– Poche parole da parte di alcuni del gruppo di vertice, passato e present, della NASA , tra cui alcuni ex dirigenti
– Una visione di un video speciale dei voli spaziali, con una prospettiva storica del nostro Program Manager
– Un messaggio speciale dell’ amministratore della NASA Charlie Bolden
– Un messaggio speciale da parte del STS-133 che l’equipaggio del Discovery ha registrato mentre era in orbita
– Un messaggio speciale da parte dell’equipaggio della Spedizione 27 della Stazione Spaziale Internazionale
– Un’occasione per vedere il film IMAX Hubble 3D in alta definizione con introduzione dell’ astronauta Mike
– Riunione successiva nella hall, per ricordare e condividere le storie degli ultimi 30 anni
I partecipanti hanno indossato la vecchia camicia preferita STS e di commemorare l’anniversario, perché è stato anche un giorno per “Indossare la Camicia della Missione Preferita”.
Photo: NASA/inforadio/Bill Ingalls Dopo la celebrazione, ogni partecipante ha ricevuto un Certificato di Apprezzamento dello Space Shuttle dal Program Office ed ha firmato il proprio certificato dai nostri ospiti speciali. Starport ha servito limonata e torta dell’anniversario, ed il negozio di oggetti spaziali Starport ha avuto a disposizione merce commemorativa per l’anniversario.
L’evento è stato trasmesso in diretta sul canale NASA OMNI.
Missile russo precipita dopo il lancio
24 agosto 2011
Doveva portare i rifornimenti agli astronauti sulla Iss. Lo stesso razzo porta in orbita le Soyuz Giorni difficili per i viaggi nello spazio. Dopo l’uscita di scena per sopraggiunti limiti di età degli shuttle americani, il razzo russo Soyuz che trasportava sul cargo Progress M12-M 3,5 tonnellate di materiale (ossigeno, cibo e carburante) per i sei astronauti che attualmente sono a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss), è precipitato nelle foreste della Siberia circa cinque minuti e mezzo dopo il decollo avvenuto alle 15 (ora italiana) di mercoledì 24 agosto dalla base di Baikonur, in Kazakistan. Mosca ha quindi sospeso ogni ulteriore lancio: «È stata presa la decisione di sospendere il lancio delle navette Soyuz finché le cause dell’incidente non saranno chiarite», ha dichiarato un responsabile del programma spaziale russo all’agenzia Interfax. È il primo problema del genere in un cargo russo dal 1978 e i precedenti 43 lanci si erano svolti senza intoppi. INCIDENTE – Il missile era partito in perfetto orario dalla rampa di lancio e tutto sembrava funzionare alla perfezione. Ma subito dopo l’accensione del terzo stadio, il computer di bordo ha ordinato lo spegnimento dei motori a causa di un problema, come ha spiegato Mike Suffredini, manager del programma Iss della Nasa. I contatti si sono persi e il missile è precipitato 325 secondi dopo il lancio in una remota foresta della Siberia provocando un’esplosione così forte che ha fatto vibrare i vetri delle finestre in un raggio di 100 chilometri, ha testimoniato all’agenzia Ria Novosti Alexander Borisov, dirigente del distretto Choysky della repubblica dell’Altai, al confine con Mongolia e Cina. Il governatore della provincia Yuri Antaradonov, ha detto che i detriti sono caduti in tre aree e ha messo in guardia la popolazione dall’avvicinarsi in quanto potrebbero essere contaminati da carburanti ad alta tossicità. ISS – Il problema ora si ripercuote sul programma della Stazione spaziale internazionale, in quanto dopo il pensionamento degli shuttle, i cargo russi Progress e le navicelle Soyuz sono gli unici mezzi per portare materiale e astronauti sulla Iss fino a quando gli americani saranno pronti con una nuovo sistema di rifornimento. Sulla Iss, è stato assicurato, c’è una scorta di cibo, ossigeno e carburante sufficiente per due mesi, ma è a rischio il lancio della prossima missione con tre astronauti che avrebbero dovuto dare il cambio a tre colleghi, il cui ritorno sulla Terra era previsto il 22 settembre, oltre a un’altra missione cargo il 28 ottobre e una missione con astronauti in dicembre. Il blocco al lancio è dovuto al fatto che il terzo stadio della Soyuz è simile a quello che ha provocato l’incidente del missile caduto mercoledì in Siberia. La Nasa, invece, preme in quanto vorrebbe mantenere sei astronauti sulla Iss in modo da non avere ritardi sul programma di ricerche. Ora a bordo della Iss ci sono tre russi, due americani e un giapponese. INCIDENTI – Negli ultimi mesi il programma spaziale russo ha subìto alcuni colpi. Lo scorso dicembre tre satelliti del programma Glonass (la versione russa del Gps) sono precipitati al largo delle Hawaii, in febbraio un satellite militare per le comunicazioni riservate con l’Estremo oriente russo e le trasmissioni digitali tv ha raggiunto un’orbita errata. Infine il 18 agosto uno stadio del razzo Proton ha spedito in un’orbita sbagliata un altro satellite per comunicazioni. Il prossimo lancio di un satellite Glonass è stato immediatamente sospeso.
L’Europa: Mini-shuttle nel 2012
Ricordate Hermès? Era il progetto di navetta spaziale europea avviato negli Anni 80 (disegno). Ci lavorò, tra gli altri, L’astronauta italiano Maurizio Cheli. Quella navetta avrebbe dovuto volare in orbita con il razzo “Ariane 5” e dare l’autonomia agli astronauti europei. Invece tutto finì in una rinuncia. Troppo difficile, troppo caro, troppo rischioso. Piero Bianucci
Bene, quel sogno risorge dalle ceneri come l’araba fenice. A L’Aia i ministri della ricerca di 18 paesi europei hanno appena approvato il progetto di un mini-shuttle che dovrebbe sfociare nel primo lancio intorno al 2012. Un impegno imponente: 10 miliardi di euro in tre anni. E infatti non c’è stato posto per altro. Questo del mini-shuttle è l’unico nuovo impegno spaziale che sia stato deciso dall’Unione Europea, gli altri stanziamenti riguardano solo il proseguimento di programmi già in corso.
Il lancio dovrebbe avvenire con il nuovo razzo europeo Vega, tuttora in fase di sviluppo. Si incomincia con uno stanziamento immediato di 78 milioni di euro; capoprogetto per l’Agenzia spaziale europea (Esa) è l’italiano Giorgio Tumino, la sigla della navetta: IXV, da Intermediate eXperimental Vehicle.
L’aspetto è più quello di una capsula schiacciata che di un velivolo. E infatti IXV scenderà appeso a un paracadute, come da sempre fanno gli astronauti russi nelle loro Soyuz. Il mini-shuttle sarà lungo 4,40 metri, 5 metri con gli ugelli del motore e misurerà 2,24 metri di larghezza per 1,54 di altezza.
Si farà tesoro dell’esperienza degli ultimi vent’anni: non solo quella dello Shuttle ma anche dell’X-38 della Nasa, poi abbandonato, della capsula Ard e del modulo “Jules Verne”. Lo scudo termico sarà in piastrelle di carburo di silicio con fibre di carbonio, una evoluzione rispetto alle problematiche piastrelle della navetta americana, ma sono in fase studio anche altri materiali.
Il lancio prevede che IXV sia installato sulla cima del razzo Vega e parta da una apposita rampa della base spaziale di Kourou, nelle Guyane francese. Il test del 2012 consisterà in una mezza orbita intorno alla Terra alla quota di 450 chilometri seguita dalla discesa nell’oceano Pacifico alla velocità di 7,5 chilometri al secondo. L’impegno economico dell’Italia sarà di 1,2 miliardi sull’intero progetto. Lo ha annunciato Enrico Saggese, commissario straordinario all’Agenzia spaziale italiana dopo la destituzione di Giovanni Bignami avvenuta nel luglio scorso.
Intanto i nostri astronauti torneranno presto sulla (ISS)Stazione Spaziale Internazionale: prima Roberto Vittori per una missione breve, poi Paolo Nespoli e di nuovo Vittori per due missioni di sei mesi. Finora mai astronauti italiani hanno affrontato missioni così lunghe.
L’aereo che avrà il compito di lanciare la navetta spaziale “VSS Enterprise”, realizzata dalla Virgin Galactic che spedirà nello spazio turisti paganti al costo di 200.000 dollari a biglietto Da Wikipedia, l’enciclopedia libera
STS-3xx
STS-3xx è la sigla con la quale si contrassegnano le missioni dello Space Shuttle chiamate: Lancio in caso di neccessità(Launch On Need LOC). Si tratta di missioni di recupero per l’equipaggio di uno Space Shuttle se la navetta venisse danneggiata e incapace di effettuare un sicuro ritorno sulla Terra. Una tale missione verrebbe autorizzata se il controllo missione determinasse il danneggiamento dello scudo termico e dei pannelli rinforzati carbonio-carbonio (RCC) di un orbiter in volo al di là delle normali capacità di riparazione. Queste missioni sono anche chiamate: Lancio su richiesta (Launch On Demand LOC). Nel caso di recupero, verrebbero utilizzati l’orbiter e quattro persone dell’equipaggio destinate alla missione successiva. La pianificazione e l’addestramento del volo di recupero permettono alla NASA di lanciare la navetta entro un periodo di 40 giorni dall’avvio della missione. Durante questo periodo di tempo è previsto che l’equipaggio dello Shuttle danneggiato trovi rifugio sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). La ISS è infatti in grado di sostenere un ulteriore equipaggio, oltre a quello già presente, per un periodo di circa 80 giorni. La limitazione di questo intervallo di tempo è dovuto alla quantità di ossigeno disponibile. Le operazioni di mantenimento dell’equipaggio dello Shuttle sulla stazione spaziale sono chiamate all’interno della NASA come Contingency Shuttle Crew Support (CSCS). È previsto che, nel caso di annullamento di missione prima che lo Shuttle abbia raggiunto l’orbita della ISS,la stazione venga spostata per raggiungere ed incontrare la navetta spaziale. La procedura viene chiamata joint underspeed recovery.